(…) A questo punto Kublai Kan l'interrompeva o immaginava d'interromperlo, o Marco Polo immaginava di essere interrotto, con una domanda come: "Avanzi col capo voltato sempre all'indietro?" oppure: "Ciò che vedi è sempre alle tue spalle?" o meglio: "il tuo viaggio si svolge solo nel passato?"
Tutto perché Marco Polo potesse spiegare o immaginare di spiegare o essere immaginato spiegare o riuscire finalmente a spiegare a se stesso che quello che lui cercava era sempre qualcosa davanti a sé, e anche se si trattava del passato era un passato che cambiava man mano egli avanzava nel suo viaggio, perché il passato del viaggiatore cambia a seconda dell'itinerario compiuto, non diciamo il passato prossimo cui ogni giorno che passa aggiunge un giorno, ma il passato più remoto. Arrivando ad ogni nuova città il viaggiatore ritrova un suo passato che non sapeva più d'avere: l'estraneità di ciò che non sei più o non possiedi più t'aspetta al varco nei luoghi estranei e non posseduti.
Marco entra in una città; vede qualcuno in una piazza vivere una vita o un istante che potevano essere suoi; al posto di quell'uomo ora avrebbe potuto esserci lui se si fosse fermato nel tempo tanto tempo prima, oppure se tanto tempo prima a un crocevia invece di prendere una strada avesse preso quella opposta e dopo un lungo giro fosse venuto a trovarsi al posto di quell'uomo in quella piazza. Ormai, da quel suo passato vero o ipotetico, lui è escluso; non può fermarsi; deve proseguire fino a un'altra città dove lo aspetta un altro suo passato o qualcosa che forse era stato un suo possibile futuro e ora è il presente di qualcun altro. I futuri non realizzati sono solo rami del passato: rami secchi.
"Viaggi per rivivere il tuo passato?" era a questo punto la domanda del Kan, che poteva anche essere formulata così: "Viaggi per ritrovare il tuo futuro?"
E la risposta di Marco: "L'altrove è uno specchio in negativo. Il viaggiatore riconosce il poco che è suo, scoprendo il molto che non ha avuto e non avrà."
Le città e la memoria
29 venerdì Feb 2008
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inItalo Calvino, Le città invisibili
marco(a) ha detto:
…e finalmente il viaggiatore arriva ad Arco.
Non e’ piu’ cosi’ giovane, ma non e’ ancora cosi’ vecchio.
Tutte le città precedenti erano un prologo.
In questa si ferma, trova un dono prezioso, e le chiede di venire con lui.
In due ripartono, per tante nuove citttà.
Nello riflesso scopre il molto che e’ suo, vedendo il poco che non ha avuto e non avra’.
anto ha detto:
bè… a dire il vero non è andata proprio così… ma siccome sei tanto romantico, te la passo… ;))) il passato è fatto anche di ciò che non abbiamo mai avuto, come il futuro è nei luoghi che non possediamo ancora: il poco che avremo avuto lo riconoseremo solo alla fine… o avvicinandosi ad essa, cheddici settant’anni può andar bene? 🙂
marco(a) ha detto:
settanta e’ un restart: meglio 85, o piu’… (voglio proprio vederti vecchietta!!)
anto ha detto:
uhmmm… hai fatto bene i conti???? guarda che stasera controllo bene la data di scadenza stampigliata sul fianco della confezione!!! 😉
marco(a) ha detto:
sul lato della confezione: PUOI FARLO ANCHE TU ECCO LA RICETTA
mah!
anto ha detto:
e a quanti gradi ti devo infornare????
loredana ha detto:
…secondo me e’ gia’ cotto abbastanza!!! :))….scusate l’intromissione…
anto ha detto:
intrometti…. intrometti pure lory!!!! ;))))